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Marianna Candidi Dionigi (1756-1826)
Immortalò Alatri nelle sue incisioni e nei suoi scritti raccolti durante i viaggi  in alcune città del Lazio che diconsi fondate da Saturno (Alatri, Anagni, Aquino, Arpino e Atina). Dalle sue opere appare lo scenario di una ciociaria dove natura e opere umane si fondono armoniosamente.
Padre Mariano
Al secolo Francesco Veloccia, nacque ad Alatri da Nicola e Margherita Bricca il 1 giugno 1756. Dopo gli studi nel Collegio “Conti Gentili” si rese cappuccino prima e sacerdote poi. La sua storia si intreccia con le vicende storiche della seconda metà del XVIII secolo. A 37 anni fu chiamato da Pio VI come Consultore dei Sacri Riti e da quel momento rimase sempre fedele al suo Papa. Costretto all’esilio e finanche al carcere durante l’invasione napoleonica, potè finalmente tornare a Roma nell’aprile del 1814, e di nuovo gli furono affidate importanti mansioni. Ma il suo fisico, ormai indebolito dagli anni dell’esilio, lo costrinse a ritirarsi nel convento di Frascati dove morì il 19 settembre 1821, quando era ormai imminente la sua nomina a Cardinale. Padre Mariano va  annoverato tra i più grandi e benemeriti moderatori dell’Ordine Cappuccino, che egli governò con fermezza e intelligenza, per cui può esserne considerato a ragione, più che il restauratore, un secondo fondatore.
Caporilli Razza Agostino
Nacque ad Alatri il 28 agosto 1796. Trasferitosi giovanissimo a Roma studiò con grande profitto al Collegio Nazzareno del quale poi occupò la cattedra di Lettere. In seguito tornò ad Alatri, dove divenne Canonico della Cattedrale e continuò ad insegnare Lettere. La sua vasta cultura umanistica lo fece diventare amico de3i maggiori letterati del tempo, che nutrirono una profonda stima. Elegantissimo latinista e poeta squisito, compose versi notevoli per nobiltà di pensiero e per classicità di stile; tra i suoi scritti vale la pena di ricordare “Endecasillabi latini per il S.Natale” e “Inni Latini in onore di S.Sisto”. Fu inoltre membro di molte Accademie Romane, tra cui la Lucchese, la Tiberina e l’Arcadia. Morì nel 1848.

Filippo Balbi (Pittore)
nacque a Napoli nel 1806. Fu grande pittore accademico e dipinse grandiose opere per la chiesa S. Bartolomeo nella Certosa di Trisulti dove si stabilì , ma altre opere sono presenti anche nelle chiese di Alatri.La sua opera maggiore è la ” Testa Anatomica” conservata nella Farmacia di Trisulti della quale curò anche l’originale decorazione degli ambienti. Morì ad Alatri , la quale per doverosa riconoscenza gli concesse la cittadinanza onoraria, il 2 settembre 1890 e sepolto nella cappella dei Padri Scolopi di Alatri.

Vinciguerra Sisto (giuridico)
nacque ad Alatri il 17 aprile 1815. Si laureo in Giurisprudenza a Roma, dove esercitò l’avvocatura. Dimostrò la sua vasta cultura giuridica pubblicando l’opera “Declaratorie officiali di vari paragrafi del  Regolamento legislativo e giuridico”. Repubblicano per eccellenza e patriota insigne, fece parte della Costituente Romana e fu Vice Presidente del Circolo Popolare di Roma. Morì a Genova, il 4 febbraio 1871.
Vincenzo Lombardi
Nacque ad Alatri il 20 novembre 1820 da Angelo Antonio e Maria Francesca Lupi; il 27 febbraio 1849 entrò come soldato comune nel Battaglione Cacciatori dell’Alto Reno e come tale prese parte alla difesa di Ancona bloccata dagli austriaci. Il 2 agosto dello stesso anno fu promosso tenente. In quel periodo si guadagnò la stima di Garibaldi che, dopo l’arrivo dei francesi a Roma e la conseguente caduta della Repubblica Romana si recò con pochi suoi fidi, tra cui Vincenzo Lombardi alla volta di Venezia che ancora resisteva allo straniero. I garibaldini si imbarcarono a Cesenatico ma Lombardi e alcuni suoi compagni furono fatti prigionieri e rimpatriati. Il Lombardi tornato ad Alatri visse purtroppo di stenti. Morì il 26 novembre 1906 all’età di 86 anni in una clinica vicino Como. Recentemente il comune di Cesenatico ha rievocato le spedizioni dei garibaldini dedicando loro una lapide, sulla quale figura il nome di Vincenzo Lombardi.
Paolo Volpi Manni
Nacque ad Alatri il 15 febbraio 1828, da Pietro e Caterina Cappelli. Illustre personaggio alatrense, il prof. Sacchetti Sassetti lo ricorda nella “Storia di Alatri” come “l’unico figlio di cui Alatri potesse menar legittimo vanto” nel secolo scorso. Trasferitosi con la famiglia a Roma, vi frequento l’Università laureandosi in Filosofia. Venne ascritto all’Accademia Drammatico-Letteraria e fu socio dell’Accademia Scientifico-Letteraria dell’Immacolata Concezione. Nel luglio 1852 ricevette la Laurea ad honorem in Giurisprudenza e qualche anno dopo fu nominato aiuto al Supremo Tribunale della Sacra Rota ottenendo così il più alto grado della Magistratura laica. In seguito ai fatti di Porta Pia assunse la carica di Commissario dell’Amministrazione Comunale di Roma. Fu inoltre membro della Commissione Consultiva per le nomine impiegatizie, nonché Presidente della Commissione nella delicata questione della definizione dei beni ecclesiastici dopo la caduta del potere temporale. Nelle elezioni politiche del 1874 il Collegio di Anagni lo mandò alla Camera come deputato, grazie ai molti suffragi avuti dagli alatrensi. Nelle elezioni del 1877 non fu rieletto per pochi voti, ma a dimostrazione della stima che il mondo politico e l’intera stampa nazionale nitrivano per lui, fu lo stesso Francesco Crispi che nel 1890 lo chiamò come Senatore a vita. Sul finire della sua vita, nel 1889, fu anche eletto Consigliere Comunale di Alatri, pochi anni prima di morire a Roma, il 6 gennaio 1892 stroncato da una polmonite. La politica, affermava Paolo Volpi Manni, non è un’arma da utilizzare per i propri bassi scopi, ma uno strumento prezioso con cui giovare efficacemente alla patria.

immagine F. Balbi da https://it.wikipedia.org/wiki/Filippo_Balbi

Alatrino da Alatri
Nacque ad Alatri nella seconda metà del XII secolo. Fu religioso molto stimato per cultura e ingegno, suddiacono e cappellano di tre papi: Innocenzo III, Onorio III e Gregorio IX. Grazie alle sue capacità entrò nelle grazie di questi pontefici che gli affidarono spesso compiti delicati. Ad ulteriore conferma delle abilità di Alatrino giunse la stretta collaborazione con l’imperatore Federico II; di quanta stima l’imperatore e il papa lo ricambiassero  fu constatato con l’assegnazione della prepositura di Acqui e del Canonicato della diocesi di Treviri, in Germania. I rapporti con l’imperatore si deteriorarono però a causa di una controversia tra le città della neo-costituita  Lega Lombarda e l’imperatore stesso. Alatrino rimase comunque fedele al papato per tutto il resto della sua vita, passata a dirimere delicate questioni e a coprire difficile ruoli. Morì nel 1237, pochi anni dopo essere stato insignito dal pontefice Gregorio IX dell’alta carica di Rettore del Ducato di Spoleto.

Pandolfo da Alatri  – biografo di papi e storico
Nacque e visse ad Alatri tra l’ XI e il XII secolo. Compiuto il corso di studi umanistici a Montecassino fu ben presto chiamato alla Corte Romana e lì divenne familiare del papa, nonché Lettore ed Esorcista. Trascorse la sua vita sempre fedele al papato. Per tale ragione poté raccogliere prezioso materiale intorno alla vita e alle opere degli stessi pontefici, che, nella sua qualità di familiare, egli accompagnò nei frequenti viaggi per poi stenderne la biografia con scrupolosa veridicità. Molto importanti e storicamente esatte furono le biografie dei cinque papi: Vittore III, Pasquale II, Gelasio II, Callisto II e Onorio II, nelle quali si narra il duro e tragico periodo della lotta delle investiture, e dalle quali tutti gli scrittori posteriori attinsero a larga mano. Non poche volte, come nella vita di Gelasio II, egli imprime alla narrazione un’intensa forza drammatica che vivamente impressiona e talora commuove. Per questi motivi egli è riuscito ad accattivarsi, più che la stima, l’ammirazione di tutti gli storici, senza eccezioni, che ne fanno ampi elogi di stilista efficace e soprattutto di storico veritiero e coscienzioso.

Cardinale Ugone
Educato a Montecassino, si rivelò subito uomo animoso, robusto e di ingegno elevatissimo. Grazie alle sue capacità fece rapidamente carriera nel mondo ecclesiastico, giungendo al titolo di Cardinale e uomo fidato del Papa. E’ oggi lodato da tutti gli storici, Gregorovius compreso, per un suo gesto eroico che gli è valso l’appellativi di “Novello Enea”. Durante l’invasione dell’imperatore Enrico V riuscì, pur ormai anziano, a trarre in salvo il Papa Gelasio II, portandolo in spalla dalle rive del Tevere e riuscendo a nasconderlo dagli occhi dei barbari, fino a rifugiarlo nella fortezza di Gaeta. Morì l’8 gennaio 1121 durante un viaggio nelle Puglie.

Cardinale Gottifredo
Nacque ad Alatri nel 1200 ca. Il pontefice Alessandro IV, apprezzandone la profonda dottrina e la rara sagacia, lo elevò da Vescovo a Cardinale affidandogli la Diaconia di S. Gregorio al Velabro. Dopo il 1264 partecipò attivamente agli affari ecclesiastici: fu grazie alla sua abilità che risolse la delicata questione della sottomissione della città di Bologna al dominio pontificio. Riguardo Alatri, si rese benemerito con la costruzione di numerose opere pubbliche di rilevante importanza architettonica, fra cui anche la Chiesa di S. Stefano, alcune delle quali portano tuttora il suo nome  (come il famoso Palazzo Gottifredo, oggi sede del Museo Civico). Morì a Roma, colpito dalla peste, nel maggio del 1287.

Antonio da Alatri (pittore)
nacque ad Alatri, verso la seconda metà del  XIV secolo. Si comprende facilmente che fu discepolo di una buona scuola e fu eccellente divulgatore delle forme portate a Roma dai grandi maestri della prima metà del quattrocento e più spiccatamente da Gentile da Fabriano. La sua opera di certa rinomanza è il trittico che si conserva nella chiesa di S. Maria Maggiore, questo dipinto reca nella tavola centrale l’immagine del redentore benedicente, seduto su un trono fortemente prospettico e decorato con i più svariati ornamenti cari all’arte tardo- gotica. Con fondamento approssimativo possiamo permetterci di assegnargli le seguenti opere: “Madonna col Bambino”, “S. Giovanni  Battista”, “S. Leonardo”, “Madonna di Loreto”, “S. Sebastiano”, affrescate nelle pareti di varie chiese di Alatri.

Bernardino Cacciante
Nacque ad Alatri intorno al 1475. Il nome di “Cacciante” gli deriva dal soprannome di un suo antenato che ricevette la “corona civica” per aver salvato Alatri con onore da un assedio di barbari, e significa per l’appunto “colui che scaccia il nemico”.
Grande umanista, autore di importanti scritti sia in volgare che in latino, la sua figura recentemente rivalutata si staglia come tra le più importanti tra i letterati del Cinquecento. Non molte sono le notizie sulla sua vita; si sa che visse a Roma, Urbino e Mantova. Nell’opera di questo forbito trattista cinquecentesco si fondano armoniosamente tradizioni classiche e cristiane, rivivono i temi noti della giustizia, della liberalità, dell’amicizia, della fortuna, della cupidigia e della ricchezza. Grande interesse nell’ambiente degli studiosi ha suscitato il volume “Bernardino Cacciante Aletrinate” (Centro Studi Sorani “Vincenzo Patriarca”, 1982) di Mario Martini, grazie al quale è finalmente stata resa giustizia alle opere del Cacciante. Le opere pubblicate nel libro sono le seguenti: “Libretto apologetico delle donne”, “Dialogus inscriptus lamentatio”. “Epistola al Patrizio Romano Latino Giovenale”.

 

 

Febbraio 1962 Agrigento
Festival del folklore in occasione della Sagra del Mandorlo in Fiore quando tutto il territorio compreso tra la città e la collina su cui sorgono i Templi greci diventa una distesa spettacolare di mandorli fioriti.
Una settimana di permanenza per partecipare a spettacoli, sfilate con tanto di carretti siciliani tipicamente addobbati, mostre, incontri con altri gruppi, ricevimenti con le autorità e gli organizzatori con scambi di doni (la nostra conca è arrivata ovunque il gruppo di Alatri sia stato).
L’emozione più grande?
Esibirsi su un palco avendo come sfondo il Tempio della Concordia le cui possenti colonne scanalate
ci “sostenevano” durante i momenti di pausa. Davanti a noi moltissimi spettatori che, entusiasti, applaudivano ad ogni esibizione.
Tanti i gruppi partecipanti, un caleidoscopio di suoni e colori per un inno alla bellezza e all’amicizia.
E poi lo spettacolo nello spettacolo: il tramonto nella Valle quando gli ultimi raggi di sole colorano d’oro i templi che insieme ai mandorli fioriti creano un’atmosfera da sogno.


Allora si era giovani e non ci si rendeva conto di tante cose ma col passar del tempo, si sa, i ricordi riaffiorano più nitidi che mai ed è proprio il ricordo che da’ una dimensione diversa al vissuto.
Quel luogo magico non sarà dimenticato da chi insieme a me ha vissuto quell’esperienza.
Per alcuni giorni, ancora oggi, storia, folklore ed arte convivono in perfetta armonia.
Ci venne raccontata una storia, di un bambino che desiderava tanto vedere la neve ed il suo papà lo condusse su un’altura che dominava la Valle .Era il periodo della fioritura, una distesa di un candore unico. “Ecco” disse il papà al bambino “quella che vedi laggiù è neve”.
Ingenuità e amore, ma il mandorlo aveva creato una nuova leggenda oltre a quella già esistente.

di Anna Maria Fiorletta

Lucio Betilieno Varo
Nacque ad Alatri e visse intorno al II secolo a.C. Insigne personaggio dell’età repubblicana ben noto a tutti gli archeologi e agli studiosi della civiltà dell’antica Roma. Betilieno fu uno dei più benemeriti cittadini di Alatri; essendo ricco per censo e per possessi fu dal Senato eletto due volte Censore, cioè preposto alla cura delle costruzioni cittadine. Nei dieci anni di censorato, durante un lungo periodo di pace dopo la prima guerra punica, arricchì la città di importanti opere pubbliche, così tecnicamente perfette da destare l’ammirazione dell’ingegneria moderna. Una antichissima lapide in latino arcaico testimonia la costruzione di alcune di queste opere: molte vie, il portico che conduce all’Acropoli, una piscina, un serbatoio per la raccolta dell’acqua, sedili pubblici, il macello ecc. Ma l’opera più imponente è senz’altro l’acquedotto, datato come il più antico acquedotto ad alta pressione che la storia romana conosca.

Patrizio Liberio, Prefetto delle Gallie
Patrizio Romano, nacque  ad Alatri e visse tra il V e il VI secolo d.C. Eletto ministro  da Odoacre, re degli Eruli, si mostrò sempre a lui fedelissimo, servendolo e difendendolo con tutte le sue forze. Quando Odoacre fu trucidato da Teodorico, Patrizio Liberio non si assoggettò a quest’ultimo rimanendo ancora fedele al suo re. Questo atteggiamento gli valse l’ammirazione di Teodorico, che gli affidò il delicato compito di procurare la pacificazione tra i Goti e gli Italiani. Durante la reggenza di Amalasunta, precisamente nel 526, fu eletto Prefetto delle Gallie, la quale missione egli assolse così bene che quei popoli, tanto insofferenti e ribelli allo Stato, divennero disciplinati e fedeli. Egli inoltre non trascurò la vita cristiana, a quel tempo fortemente insidiata dalle eresie. In particolare fece convocare un importante Concilio ad Oranges, in occasione dell’inaugurazione di una Basilica. Richiamato a Roma fu prescelto per nuove e importanti mansioni anche dal re Teodato e dall’imperatore Giustiniano, che lo inviò ad Alessandria d’Egitto come Legato imperiale straordinario, proclamandolo “personaggio gloriosissimo”.

Gregorovius  – storico
Ferdinand Gregorovius nacque il 19 gennaio 1821 in Germania, in una città della Prussia orientale. Il 2 ottobre 1852 giunse a Roma dopo aver visitato Venezia, Firenze e altre città dell’Italia settentrionale.

fonte: Gettyimages

Iniziò un periodo di soggiorno inaspettatamente lungo e produttivo, 22 anni, durante i quali visitò con i suoi viaggi l’intera penisola, con particolare attenzione verso la Ciociaria e Alatri. Oltre alla famosa lapide posta nella strada che conduce all’Acropoli, Gregorovius ha dedicato ad Alatri numerose pagine delle sue “Passeggiate Romane”, nelle quali decanta non solo la bellezza estetica dei monumenti ma anche la cordialità degli abitanti e l’intensa vita di scambi commerciali; grazie ai suoi scritti la città di Alatri è stata conosciuta e valorizzata presso ambienti letterari e accademici. Tornato in Germania assunse la fama di grande storico. Morì il 1 maggio 1891 a Monaco di Baviera.

 

S. Quinziano Martire
Nel 529 il patriarca S. Benedetto da Norcia effettuò il viaggio da Subiaco a Monte Cassino. Proprio il Cardinale Schuster nel suo libro, cita che in questo viaggio, S. Benedetto passò ad Alatri per visitare la tomba di S.Quinziano Martire e fu ospitato dall’abbate Servando.Ora ad Alatri resta solo la contrada dell’omonimo Santo in località Chiappitto, ma purtroppo della famosa tomba del Martire non resta nulla.

Patrasso Leonardo (Cardinale)
nacque ad Alatri o Guarcino verso il 1230.Religioso dei Frati Francescani Minori fu canonico della cattedrale di Alatri e nel 1290 Vescovo della medesima città. Il suo nome è ricordato nell’antico “Statuto di Alatri” per l’ardua opera pacificatrice che egli svolse tra le famiglie nobili della che si contendevano il potere religioso. Nel 1300 lo zio Benedetto Caetani, divenuto Papa Bonifacio VIII, lo chiamò a Roma per farlo Cardinale. Morì a Lucca il 7 dicembre 1311.

S.Servando
Nacque ad Alatri nel VI secolo. Fu monaco ed Abate nell’antichissima Badia di Alatri. Visse una vita austera, interamente dedicata al servizio di Dio. Anche il Pontefice S. Gregorio lodò il venerando Abate. Fu carissimo amico di S. Benedetto il quale nel 528, dovendo recarsi a Cassino insieme ai discepoli Mauro e Placido, conobbe per la prima volta l’Abate Servando, del quale gli era già nota la fama di santità. In occasione di quella visita S. Benedetto donò all’Abate una campanella per ripagare l’ospitalità, che ancora oggi è conservata presso il Monastero delle Suore Benedettine di Alatri. Nacque da quel giorno un’ intensa amicizia tra i due, che spinse in più di una occasione l’Abate Servando a recarsi in visita presso il cenobio edificato a Montecassino da San Benedetto. Fu proprio durante una di queste visite che i due furono testimoni, una notte, della visione di una pioggia di luce sfavillante che accompagnava l’ascesa al cielo di Germano, Vescovo di Capua. Si seppe in seguito che quel Santo Vescovo morì proprio la sera della visione. San Servando è festeggiato dal Martirologio della Chiesa il 23 marzo.

 

 

 

 

 

 

In questa raccolta redatta in 5 sintetiche “puntate”, vogliamo ricordare o far conoscere tutte quelle persone, nate o no ad Alatri che,  a vario titolo,  Le hanno dato lustro.
Tratteremo anche “personalità” che per la loro attività, il loro impegno civico, il loro amore per la cultura e le tradizioni  hanno  apportato un valido contributo alla vita civile, culturale e religiosa della nostra città.  In tutto, trattati più o meno approfonditamente sono circa 40 citazioni che speriamo possano arricchire il bagaglio storico-culturale di quanti avranno il piacere di leggerne le gesta o le opere. Noi nel nostro piccolo intendiamo partire da coloro che per la nostra attività rappresentano comunque una fonte importante di ispirazione per la musica, il canto e la prosa  e la cui biografia magari è meno conosciuta…  Buona lettura!!

Gerardo Celebrini

Nacque a Ripi nel 1866 da Domenico e Granelli Adelaide; maestro elementare con la passione della scrittura dialettale e del componimento poetico. Sposato con Maria Dell’Orco aveva 6 figli: Domenico detto “Memmino”, Dante, Galileo, Francesco, Giuseppina e Anita.
Scrisse di lui l’amico Giovanni Ricciotti : “quella verve piacevolissima fece di lui uno dei nostri più apprezzati verseggiatori dialettali del quale qualche furtivo sonetto venne anche registrato negli annali degli studi glottologici in Italia”.
Con il Ricciotti ha composto alcune canzoni ancora molto conosciute ed eseguite negli ambiti delle tradizioni popolari ciociare; infatti nel 1900 (vecchia alatri di flavio fiorletta) in occasione della fiera della Maddalena (che ricorre il 22 luglio) , scrissero  le parole (Celebrini) e la musica (Ricciotti) delle canzoni alatrensi “L’Arca“, “Gli culacchiegli“, “Juccia“, “La cipolla“, “La tesserella“, “La ciammotta“. Ha scritto inoltre i testi di Rusì Rusì con le musiche di Italo Ciarrapica.
Altri componimenti si possono reperire nella pubblicazione “Vecchia Alatri” di Flavio Fiorletta come: Acqua del Cosciano, Gli Cagliozzo, Che Bravo porco (dialogo fra Michele e Geremia), Serenata a Razia e soprattutto un elenco particolareggiato dei “soprannomi” in voga nel 1900 nella città ernica (i soprannomi di alatri dal 1900)

Ha pubblicato nel 1902 la prima edizione del testo per le scuole serali e festive, maschili e femminili, approvato dalla Commissioni Scolastiche Provinciali del Regno:
Le conversazioni dello Zio Menico .
Una  seconda edizione è stata pubblicata nel 1910 (rif. Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia  n.76 -01/04 1910- sezione Industria e commercio – n. d’ordine 53283 del registro generale)

Morì  a 63 anni, nella sua abitazione in Vicolo Cataldi, 4  il 04/02/1930.
L’amico G.Ricciotti fu incaricato a rivolgergli il saluto dell’Amministrazione Comunale con questa eulogìa
In morte del grande amico Gerardo Celebrini.
In nome ed in rappresentanza del generale Turano Commissario Prefettizio, chiamato oggi altrove per altissimi doveri di ufficio, mando alla memoria del carissimo maestro, il saluto e reverente e devoto della cittadinanza tutta e dell’Amministrazione Comunale che con deliberazione odierna ha decretato a lui un posto distinto nel Cimitero. Gerardo Celebrini fu maestro integerrimo, probo, attaccato indefessamente al dovere, di null’altro conscio e preoccupato che dell’educazione dei piccoli nei quali curò con particolare zelo il culto della religione e della Patria.
Fu maestro a tutti i maestri che io qui veda lacrimare attorno alla sua salma e fu modello a tutti per modestia, per devozione alle istituzioni, per integrità di vita.
Fu ammirata in lui un’educazione superiore, e quella verve piacevolissima fece di lui uno dei nostri più apprezzati verseggiatori dialettali del quale qualche furtivo sonetto venne anche registrato negli annali degli studi glottologici in Italia.
Fu soprattutto un cittadino di grande onestà e di severi costumi per cui tutti rimpiangono la perdita amara ed irreparabile.
Sia pace a l’anima sua. Lux aeterna luceat eis

 

Il Premio Antiche Piagge fu istituito grazie ad una intuizione di Lucio Lucchetti socio della locale Pro Loco e in accordo con  l’Amministrazione Comunale,  con lo scopo di insignire personaggi della vita pubblica, sociale e culturale della nostra città ma anche nazionali, che si sono distinte, ognuna nel proprio ambito di attività, per le finalità socio-culturali.  In questo contesto si è inserito, degnamente anche il nostro gruppo folclorico per le molteplici ed intense attività nell’ambito della promozione delle tradizioni popolari.
Di seguito l’articolo a firma di Carlo Capone della redazione del quotidiano “Ciociaria Oggi” che scriveva:

“Aver mantenuto vive le tradizioni di Alatri,  partecipando alle più importanti manifestazioni folkloristiche internazionali,  ottenendo nel 1976 il Premio Europeo per l’arte popolare dalla Fondazione Toepfer di Amburgo come miglior gruppo di arte e tradizioni popolari”.

Con questa motivazione è stato conferito al Gruppo Folk “Aria di Casa Nostra” il premio Antiche Piagge_ Giuseppe Fiorletta per l’anno 2007.
Presenti per l’associazione alatrense parte del gruppo che,  ormai da diversi anni,  si distingue in vari festival in giro per il mondo, portando sempre altissimo il nome della città di Alatri.

La cerimonia si è svolta il 19/01/2008 presso la Chiesa di San Silvestro, nell’antico quartiere Piagge.
A rappresentare l’amministrazione gli assessori Domenico Sbaraglia e Danila Fontana, accompagnati dal presidente della Pro Loco Sandro Vinci.
A moderare Mauro Marzolini, che proprio all’inizio della manifestazione ha voluto ricordare alcuni momenti della vita del compianto Peppinuccio Fiorletta, raccolti poi dalle testimonianze di vari amici,  che hanno voluto ricordare vari aneddoti della vita di uomo, di giornalista, e di grande amante della montagna di Fiorletta.
Riconosciuta da tutti la sua grande professionalità nella sua attività trentennale di giornalista, e la grande passione con la quale affrontava qualsiasi cosa.
Una persona che non scendeva a compromessi – ricorda uno degli amici presenti – e  che nella sua vita ha sempre saputo mantenere alti i suoi valori legati alla famiglia, al lavoro e all’amicizia. Come dimenticare poi il suo grande amore per la sua Alatri, e in particolare per il quartiere Piagge. La sua figura,  a distanza di tanti anni, continua ad essere presente tra di noi”.
A rappresentare la famiglia del caro Peppinuccio, la moglie, la signora Caterina Flori e il figlio,  Carlo Fiorletta.

Ricordiamo che questa iniziativa è nata da un’idea di Lucio Lucchetti, presente alla premiazione,  e della Pro Loco,  che nel 2004, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, diedero il via alla manifestazione culturale “Antiche Piagge”, con l’intento di evocare tradizioni storiche e culturali della suggestiva zona sottostante l’Acropoli.
Nell’ambito della manifestazione, poi, a partire dal 2005, fu inserito anche il premio giornalistico dedicato a Giuseppe Fiorletta, meglio noto come Peppinuccio, originario proprio  dell’antico quartiere della città e corrispondente per moltissimi anni per il quotidiano ‘Il Tempo’.
Un’occasione importante, che è ormai riconosciuta come uno degli appuntamenti principe della vita culturale di una città, che dimostra anno dopo anno, di ricordare con immenso piacere la figura di un amico di tutti.

Nel 2005, furono insigniti del Premio Fiorletta, noti alatrensi che si sono distinti nel campo dell’artigianato, dell’industria, della cultura, della musica e della medicina. I premi andarono rispettivamente all’Armeria Fanfarillo, alle officine meccaniche Mazzocchia, al professore Giovanni Minnucci, al maestro Massimo Manzi e al dottor Orazio Ferro. Nel 2006, invece, il premio fu assegnato simbolicamente a tutto il quartiere Piagge, fedele custode di tradizioni storiche, culturali e popolari della città di Alatri.

 

 

Oggi, ad Alatri, si celebra la traslazione delle reliquie di San Sisto I da Roma ad Alatri.
Quest’anno, per la prima volta nella storia della nostra città, avrà luogo la rievocazione storica di ciò che accadde, secondo la narrazione Historica, l’11 di gennaio del 1132.

Mia nonna Iolanda, la sera del 10 gennaio, era solita raccontarmi “la venuta di San Sisto” colorando la narrazione di particolari come quelli legati a “chigli zic sole che chigli ommini fori d ‘pòrta, se stavan a tòll pe r’scallass ” alle prime ore del pomeriggio, quando una mula, improvvisamente, varcò le mura di Alatri.
Si tratta di una storia incredibile quella relativa all’arrivo delle sacre reliquie di San Sisto ad Alatri. Una storia che da sempre i nostri nonni ci tramandano con dovizia di particolari quasi a voler rafforzare un privilegio di cui siamo chiamati ad esserne eredi.
Mentre mia nonna proseguiva nel racconto, la mia fantasia cercava di immaginare la scena della gente che in quel giorno si riversava per le strade e i vicoli di Alatri: accorreva meravigliata a contemplare qualcosa di incredibile, sotto gli occhi stupiti di chi, lentamente, iniziava a capire che un giorno normale stava per trasformarsi in una data storica che avrebbe segnato per sempre, la vita e l’identità del nostro popolo e perchè no, anche quello degli Alifani a cui le reliquie era destinate.

Ad Alatri, mancava un “patrono” e pur essendo molte le possibilità di individuarne uno tra la schiera dei santi, è accaduto che questo arrivasse inaspettato con un nome sconosciuto, per diventarne il simbolo di coesione e di fratellanza.

Rivivere oggi quel pomeriggio dell’11 gennaio di 887 anni fa, sarà un momento prezioso, perché ci porterà a celebrare non solo la nostra identità e le nostre radici ma ci ricorderà, soprattutto, che Dio sa trovare percorsi incredibili e riportarci a casa anche quando i nostri progetti sono diversi e le nostre strade sembrano dirigersi altrove.
Siamo figli di una terra pazzesca, che ha assistito ad eventi incredibili e bizzarri, come quelli di una mula testarda che tuttavia ci ha insegnato il sapore buono di una storia meravigliosa che mai nessun futuro, nemmeno il più avaro, saprà farci dimenticare.

Gabriele Ritarossi

Dal libro “Vecchia Alatri”, pubblicazione fortunata del nostro Sor Flavio riprendiamo un breve appunto storico.

…Nel 1900 il regolamento di Polizia urbana faceva divieto ai veicoli di entrare in città dopo il tramonto del sole: per cui la maggior parte dei venditori ambulanti, che tra l’altro dovevano coprire rispettabili distanze, quasi sempre erano costretti a bivaccare in località la Donna, pur impiegando tutta la buona volontà per giungere in tempo, anche ad evitare nel buio spiacevoli incontri con tipi affatto raccomandabili. Certamente dopo il lungo viaggio l’appetito non mancava e non mancava nemmeno l’iniziativa di persone di allestire, ed ogni anno sempre meglio, baracche ove si potessero consumare, per la circostanza, appetitosi “pullastri, puparoi e belle ciammotte” con larga mescita di vero vino casareccio. E siccome il canto ed il suono non possono mancare in certe circostanze, ecco venir oggi fuori l’estro poetico e umoristico musicale di Giovanni Ricciotti e di Gerardo Celebrini, due animatori delle tante iniziative all’epoca. A quanto si apprende dai vecchi, la serie fortunata di questa festa, diventata tradizione per Alatri, si affievolì quando incominciò il concerto degli obici e delle mitragliatrici della prima guerra mondiale che impegnò tutti alla difesa del territorio nazionale.