“Vi dico che era lui, il Dio Saturno”.
“Ma dove?”.
“Ad Alatri“.
“Si, va beh! Te lo sarai sognato”.
“Vi dico di no, sono sicuro, cioè quasi, mica dormivo”.
“Tu sei capace di sognare anche a occhi aperti, succede spesso”.
“Lo prendo come un complimento!”.
“E come sarebbe avvenuto questo incontro?”.
“Ve l’ho già detto mille volte”.
“E tu raccontacelo ancora”.
Agosto 2015
Squilla il telefono, riconosco un suono amico, a volte capita di intuire dal trillo se ti arriverà una seccatura o qualche piacevole novità.
“Prepara la chitarra e tieniti pronto a partire, andiamo al “Festival Internazionale del Folklore di Alatri”.
Elisabetta, la coordinatrice del gruppo di musica e danza popolare di Nemi, nel quale suono da diverso tempo, non ammette defezioni. Si va tutti al completo e anche chi sta in vacanza torna per partecipare. Non ci sono santi!
È la quarantacinquesima edizione del Festival. Dal 12 al 16 agosto. Ci sono artisti provenienti da Argentina, Brasile, Colombia, Croazia, Paraguay, Taiwan. Fa gli onori di casa il gruppo “Aria di Casa Nostra” di Alatri. Gli ospiti speciali per ogni singola serata provengono da Alberobello, Vallemaio, Tagliacozzo, Sessa Aurunca, Minturno e Nemi.
Questa sera tocca a noi. È il 14 di agosto.
Arriviamo con un certo anticipo e nell’attesa ce ne andiamo in giro per la città. Nella splendida piazza Santa Maria Maggiore è allestito un palco enorme, e ci sono centinaia di sedie. La scenografia è grandiosa, mette paura. Le gambe ci tremano.
I gruppi girano festosi per le strade, colorati, allegri, coinvolgenti. Tutti si salutano con grandi sorrisi e gesti amichevoli, le lingue straniere si mescolano in un vociare cordiale e fraterno.
A me piace vagare senza meta, nelle città antiche non ci si perde mai. Le stratificazioni della storia, i caratteri dell’architettura delle diverse epoche convivono e si integrano piacevolmente aprendo scenari deliziosi e sorprendenti. Palazzi, chiese, fontane, con arcate, portali, lesene, rosoni, edicole, meridiane, sculture incastonate e decorazioni finissime si offrono ai miei occhi di curioso visitatore.
Di colpo mi si para davanti un muraglione di pietre gigantesche. Intorno adesso è silenzio, guardo quei macigni e ne seguo i contorni sottili con ammirazione e stupore. I blocchi sono accostati con grande maestria, senza malta: un’ enorme muratura a secco, imponente e bellissima. Perfetta. Giusta.
Quando mio nonno mi mostrava i sassi per costruire le “macère”, io cercavo di capire. Lui prendeva le pietre, le squadrava ad occhio, un colpo di mazzetta ben assestato e quelle prendevano con naturalezza la forma dell’incastro. Stavano subito dalla parte giusta.
Ma qui le dimensioni fanno sognare un cantiere faraonico, con giganti costruttori che scelgono i sassi in base alla loro consistenza e dimensione, li estraggono dalle cave in tutta la loro mole, se li caricano sulle spalle muscolose e granitiche, li depositano, li squadrano e li giustappongono in modo così esatto e completo, certi che dureranno fino all’eternità.
“Lei è di Nemi, la terra col Bosco Sacro della mia amica Diana”.
Alle mie spalle appare dal nulla un vecchio con una lunga barba. Ha un fisico prestante e si erge ritto sopra un rialzo della pavimentazione. Occhi sicuri, sguardo penetrante.
“Guardavo queste pietre – rispondo – e si, certo, vengo da Nemi per il Festival, ci esibiamo stasera, come l’ha capito?”.
“Sulla maglietta c’è la scritta Gruppo Folclorico ‘U Rembombu intorno a una fragola; era facile.
Vedo che apprezza questa costruzione megalitica e mi fa piacere, mi lusinga. Se le interessa sapere qualcosa di più su queste mura imponenti, le posso dire che le costruirono i Ciclopi, gli stessi che lavorarono in Grecia e in altre parti d’Italia e che non sono quelli che descrive Omero, rozzi e ignoranti. Sono invece muratori raffinati, il risultato di questa intelligenza e sapienza è proprio qui davanti a noi.
Lei vorrebbe anche sapere come hanno fatto, che tecnica costruttiva hanno adottato. Questo è un segreto! Si, di teorie ce ne sono molte in giro, ma la verità è questa: è un segreto che solo gli Dei conoscono. Comunque, le osservi, le guardi attentamente, ne ricaverà coraggio e forza, e stasera ne avrà bisogno per salire su quel palco”.
Dal fondo della via, intanto, noto che qualcuno dei miei compagni mi sta chiamando, si agita e batte il dito indice sul polso come a dire che è tardi, che lo spettacolo deve cominciare e dobbiamo prepararci e io sono ancora lì imbambolato.
Mi volto per salutare l’austero vegliardo. È sparito!
Allora accenno da lontano ai miei amici che li avrei raggiunti subito, ma resto ancora del tempo a guardare quei sassi. Li tocco con le mani, emanano il calore del giorno, fermi, titanici, impassibili. Un vigore nuovo si impadronisce di me scacciando le tensioni e i turbamenti.
Ritorno in piazza Santa Maria Maggiore, si sono accese le luci, migliaia di persone attendono, ci sembrano milioni, una marea. Dagli altoparlanti si diffonde la voce del presentatore che ci annuncia. Stringo le mani dei miei amici musicisti, delle danzatrici e dei ballerini e saliamo sul palco…lo spettacolo ha inizio!
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