Il lungo viaggio dell’organetto
Chiunque abbia avuto modo di assistere ad una nostra performance, avrà sicuramente notato quei baldi giovanotti che con i loro strumenti fanno da motore alle nostre ciocie. Ebbene sì, senza un organetto il gruppo Aria di Casa Nostra non sarebbe lo stesso.
Ma vediamo come nasce l’Organetto:
Il primo strumento a mantice di cui si ha notizia risale al 1829, anno in cui il costruttore di organi e pianoforti Cyrillus Demian ottiene, a Vienna, un regio brevetto per un originale organetto in grado di eseguire fino a quattro accordi. Lo strumento, che assume il nome di Accordeon, è dotato di un mantice azionato dalla mano sinistra, di una cassettina contenete le ance libere (riprese dal “Cheng”, un antico strumento cinese inventato ben 4500 anni fa), e di una tastiera con cinque tasti azionati dalla mano destra. Il sistema di ance utilizzate nell’accordeon è di tipo bitonico, cioè in grado di produrre determinati suoni solo aprendo il mantice e altri suoni solo chiudendolo; a uno stesso tasto possono così corrispondere due suoni differenti a seconda della direzione della corrente d’aria nel mantice.
L’accordeon di C. Demian riscuote successo ed interesse nelle varie capitali europee, ed è proprio a partire dal prototipo austriaco che i diversi artigiani sperimentano ed inventano nuovi modelli: nel 1831, a Parigi, Pichenot pubblica il primo metodo per Accordeon; nel 1840 aprono i battenti le prime fabbriche in Russia. Sempre più l’Accordeon e mantici affini diventano sinonimo di strumenti della musica popolare. In questo periodo lo strumento viene continuamente modificato, per migliorarne le capacità sonore. Viene ampliata la tastiera di destra (fino a 14 tasti su una sola fila, poi fino a 27 su due file) e, per eseguire brani melodici, si sostituiscono gli accordi completi con singole note. Viene aggiunta un’apposita valvola di presa d’aria; si aggiunge una cassettina sul lato sinistro con ulteriori ance, e relativi tasti, per produrre sia le note di basso sia gli accordi necessari ad accompagnare le melodie realizzate con la tastiera di destra. Molte di queste innovazioni tecniche sono da attribuire, oltre che allo stesso Demian, a costruttori francesi e tedeschi che, tra l’altro, estendono anche la gamma sonora dell’accordeon fino a tre ottave, prima nell’ambito della scala diatonica e poi di quella cromatica. Altra innovazione significativa riguarda il numero di ance (ugualmente intonate) messe in funzione da uno stesso tasto. Dal sistema di base, che prevedeva per ogni tasto una sola “voce” (ancia) a doppia azione (bitonica), si passa alle due e poi alle tre voci per tasto, intonate sulla stessa nota, anche in ottave diverse (voci bassa, normale e acuta), consentendo così l’introduzione dei “registri” (variatori di timbro sonoro).
In Italia questo strumento inizia a diffondersi verso la metà del XIX secolo e sono proprio i costruttori italiani che introducono l’ancia di tipo unitonico (che produce la stessa nota, indipendentemente dal movimento del mantice). Una leggenda narra di un pellegrino austriaco che di ritorno dal santuario di Loreto chiese ospitalità per la notte presso il casolare di Antonio Soprani, nelle campagne di Castelfidardo. Il pellegrino aveva con sé una “scatola musicale” che muove la curiosità di Paolo Soprani, figlio maggiore di Antonio. Il giovane Paolo scompone lo strumento, studia il funzionamento intuendone subito la possibilità di costruirne altri. Di lì a poco sarebbe nata l’industria italiana della Fisarmonica. Da questo momento in poi, la fisarmonica diatonica (organetto) ha un nuovo “compagno”: la moderna fisarmonica cromatica, conosciuta semplicemente come fisarmonica, che si diffonde in tutta Europa e nel resto del mondo, grazie alla completezza delle sue capacità melodice e armoniche, ulteriormente migliorate grazie all’introduzione della tastiera melodica tipo pianoforte. La costruzione di organetti si espande a ritmo vertiginoso tra il 1870 e il 1900. Nel 1924, un primo censimento delle fabbriche di fisarmoniche e organetti ne individua in Italia ben 93 su un totale di 232 in tutta Europa. Oggi il numero dei costruttori italiani si è ridotto appena a una trentina, di cui solo una decina continua a produrre organetti.
Come ben sappiamo questo strumento è utilizzato in particolare nel Centro-Sud Italia, ma la fisarmonica diatonica e alcuni suoi derivati sono utilizzati in molti paesi come Francia, Svezia, Germania e in Spagna, soprattutto nei Paesi Baschi dove viene utilizzata un particolare tipo di fisarmonica diatonica (la trikitixa). In Louisiana (USA) viene utilizzata per suonare la musica cajun di origine francese; è parte integrante e fondamentale della tradizione musicale in Irlanda (anche se è organizzata su scale diatoniche). Una nota particolare va all’organetto diatonico brasiliano, utilizzato nella Música Popular Brasileira, che è praticamente identico a quello italiano. Si chiama “Gaita de botão” (bottone) oppure “Gaita-ponto” e alcune varianti presentano otto bassi.
La nascita, l’evoluzione e la diffusione di questo strumento ci offrono spunti per rivalutare le nostre idee di “identità” e “tradizione”. Ritenuto infatti lo strumento tradizionale del Centro-Sud Italia, tuttavia l’organetto incorpora la cultura di tutti i luoghi che ha visitato: dalla Polonia a passo di Polka, fino ad arrivare oltralpe a tempo di valzer viennese. La nostra storia, fin dall’impero romano, ci insegna che ciò che noi vantiamo essere “tradizionale” e “autoctono”, ritenendo quindi pericoloso per la nostra identità nazionale tutto ciò che è “diverso”, in realtà non è altro che il risultato di integrazione e intreccio di culture apparentemente inconciliabili tra loro, dimostrando che, tutto sommato, la Ciociaria non è poi così lontana da Rio de Janeiro!
di Alessio Iannarilli
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